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Per i più piccoli
19.07.2022
Storia di un cammello che conquistò l'Australia

Questa è la vera storia di fantasia di come un cammello e il suo migliore amico conquistarono l'Australia

Mi chiamo Afghan e la mia storia risale a molti anni fa, quando ancora per spostarsi gli esseri umani utilizzavano i loro piedi o, quando dovevano affrontare lunghi viaggi, si facevano aiutare da noi cammelli.

Non sono nato in un vero e proprio posto, i miei genitori erano tra i più grandi viaggiatori del deserto, venivano da una terra lontana dove la sabbia si tuffa in un grande fiume chiamato Oceano. Io non ho mai visto quel fiume, come dicevo non sono nato in un vero e proprio luogo ma durante un lungo viaggio. Gli umani aspettavano la mia nascita da mesi e avevano grandissime aspettative, contavano molto su di noi. 

Purtroppo le grandi aspettative possono trasformarsi in grandi delusioni, esattamente come il giorno della mia nascita. Avevano organizzato una grande festa, il fuoco danzava e saltava dalla sabbia fino al cielo nero e puntellato di stelle. I tamburi suonavano, il vento fischiava, il fumo saliva e chiamava le altre nuvole attorno a noi. Quando mamma mi diede alla luce io aprii gli occhi, guardai verso il buio e d'un tratto una luce incandescente ruppe il silenzio. Quel lampo fu la prima e l'ultima cosa che vidi con i miei occhi.

Gli umani sono animali meravigliosi, ma sanno essere anche crudeli. Un cammello cieco può essere solo un problema in un lungo viaggio, così decisero di portarmi in città. Mamma mi diede una carezza col suo muso, fu l'ultima volta che la sentii. Mi presero per il collo e portarono al mercato.

Una miriade di suoni invadeva le mie orecchie, sentivo ogni cosa: le mosche ronzare, le voci dei mercanti, bambini che giocavano, i miei umani che cercavano di vendermi al miglior prezzo.

- Che siete venuti a fare, non lo vuole nessuno un cammello cieco! - Questo è quello che sentivo ogni 20 passi.

- Ha zampe forti, pelle robusta. Può diventare un bel banchetto se lo mettete all'ingrasso - così rispondevano. 

Fu verso sera, quando il sole smise di pungermi la pelle, che una voce rauca si fece sentire all'uscita del mercato.

- Ti do questo, in cambio del tuo cammello cieco - disse la voce.

- Che cosa? Vecchio tu devi esserti ammattito. Il sole fa male a voi inglesi! - rispose uno dei miei umani.

- Che ti cambia. Sappiamo entrambi che sarà solo un peso! E poi è un bel cappello, se ti capitasse di incontrare la regina faresti un figurone! - 

- Che devi farci con un cammello cieco, vecchio? - 

- Vado a cercare l'oro. Vado laggiù! -

Fu così che fui venduto per un cappello usato ad un vecchio cercatore d'oro. Dovevamo affrontare un lunghissimo viaggio per arrivare in una terra ancora poco conosciuta. La voce la chiamava Laggiù, altri invece la chiamavano Australia. Alla voce piaceva dare nomi, infatti mi chiamò Afghan come il luogo in cui mi aveva comprato.

Per arrivare Laggiù il viaggio era molto lungo da affrontare ed io ero ancora piccolo.

- Non ti preoccupare Afghan, il viaggio è lungo ma avrai il tempo di imparare a camminare per bene ed attraversare il deserto. Io non sono mai stato Laggiù, ma l'oro salta fuori dalla terra e quella terra non è di nessuno! L'oro, capito Afghan? -

Ovviamente non capivo una parola di quello che la voce voleva dirmi, e ci aspettava un lunghissimo viaggio ma in qualche modo mi sentivo a casa.

Le prime settimane furono molto dure. Sotto i miei zoccoli il terreno cambiava di continuo. Dalle pietre fredde alla sabbia fine e calda. Il sole pungeva forte sulla pelle e siccome ero piccolo non potevo trasportare grossi carichi. La voce lo sapeva e si prendeva cura di me. Bevevamo e mangiavamo solo quello che serviva per restare in piedi e camminare.

Un giorno sentii un odore nuovo, forte e carico di sale che entrava dentro il mio naso. Un vento nuovo mi accarezzava la pelle, un vento che portava acqua. Eravamo arrivati al mare.

- Forza Afghan, non avere paura, è solo acqua! -

Sentivo i suoni partire dalla terra e andare lontano, come se si perdessero via e non dovessero mai più tornare. Come se i suoni fossero finalmente liberi di andare dove volevano senza nessuno che li intrappolasse nelle sue orecchie. Le mie zampe tremavano mentre salivo sulla barca, ma la voce era sempre con me e mi insegnava a camminare meglio.

Ogni mattina sulla barca la voce mi svegliava. Mentre tutti gli altri passeggeri dormivano lui mi faceva salire sul ponte della barca, caricava la mia schiena ogni giorno con un peso maggiore e mi diceva: - Forza Afghan, laggiù c'è l'oro, e noi lo troveremo insieme. Io e te Afghan. Forza un altro passo! - 

Io non volevo deluderlo e mi impegnavo al massimo per poter camminare senza fermarmi come facevano i miei antenati. Dopo ogni allenamento la voce mi accarezzava la gobba e mi dava quel che riusciva a rubare dalla cucina e una mela. Amavo il gusto di quelle mele. Avevo tanta sete, attorno a noi il silenzio del mare e la voce di qualche altro passeggero. 

Una mattina, dopo tante settimane di viaggio, non fu la voce a svegliarmi ma un tonfo ed una campana. Sentivo urlare. Grida di gioia e di soddisfazione. - Afghan! c'è l'oro! - eravamo arrivati laggiù.

La voce camminava sempre avanti a me per farmi strada. - Coraggio Afghan. Siamo arrivati in Australia - 

Un sole ancora più forte bruciava la terra. La terra aveva un odore strano, come quello del vapore che usciva dai camini della nave ma più intenso. Il sole rimbalzava sulla terra e dalla terra veniva a me. Misi una zampa sulla terra ferma per la prima volta dopo tanto tempo, e le altre zampe a seguire. Mi sentivo forte, come se la fatica del lungo viaggio se ne fosse andata via in un solo momento. Mi misi in ginocchio e sentii le mani della voce toccarmi forte la gobba. - Andiamo a prendere l'oro Afghan - disse salendo su di me. Mi alzai fiero mentre la voce applaudiva mentre le mie gambe forti lo portavano al cielo. Ero diventato grande.

Lasciammo il porto e poi la città per dirigerci verso quello che in Australia chiamano Outback. I rumori erano sempre più lontani, come quella volta che vidi il mare per la prima volta, ma non era la stessa cosa. I suoni qui si perdevano nel vento, nel sole che bruciava la terra, mentre voci di uccelli arrivavano da tutte le direzioni e da nessuna in particolare. - è enorme Afghan. è tutto rosso e. Diamine Afghan è enorme - 

Sentii la sua voce tremare per la prima volta. Tutta quella sicurezza tutta quell'energia iniziarono a vacillare quando entrammo dell'Outback, quando entrammo nel deserto rosso dell'Australia. Ma le mie zampe erano forti e in fondo non sapevo cosa fosse il rosso. Così camminammo e camminammo alla ricerca dell'oro.

Passarono diverse settimane e io e la voce vagavamo in lungo e largo alla ricerca di questo oro. Ogni tanto ci fermavamo in qualche villaggio. o qualche accampamento per compare cibo e tuoni. I tuoni servivano a far saltare la terra e far uscire l'oro. Avevo tanta paura di quel suono, mi ricordava il mio primo giorno di vita. La voce ogni volta che ne lanciava uno mi diceva - Questa è la volta buona Afghan! c'è l'oro! - e in qualche modo mi calmavo, anche se l'oro non usciva mai.

Il deserto era caldo e poco amichevole. Ogni tanto incontravamo degli strani animali che si muovevano saltando sulla terra battendo le zampe come fosse un tamburo. La voce li mangiava, io preferivo quelle poche mele che riusciva a recuperare in qualche villaggio. Non amo avere a che fare con quegli animali, i canguri hanno un pessimo carattere.

Il deserto era enorme, i suoni continuavano a perdersi nel nulla e a poco a poco la voce diventava sempre più triste. L'oro non usciva.

Una notte sentii la voce fare dei versi strani, come le gocce d'acqua quando cadono nel fiume. Erano settimane che non vedevamo un fiume e le nostre riserve d'acqua scarseggiavano sempre. La vita nel deserto non è facile. - L'oro Afghan. dobbiamo trovare l'oro - ripeteva la voce ogni sera prima di accarezzarmi il muso e addormentarsi sulle mie zampe.

Una mattina il vento era più forte del solito. Portava polvere, suoni lontani e tanto caldo. - Ma che diavolo è?- disse la voce - Charles St, 364 Darwin Australia. Una lettera, beh non dispiacerà a nessuno se la apro - 

La voce era strana mentre leggeva. Come se non riuscisse a far uscire bene il suono dalla bocca. Lentamente, parola per parola come se fosse la prima volta che provava a parlare.

- Afghan è urgente, noi dobbiamo. Noi dobbiamo consegnare questa lettera entro 2 giorni - 

Mi misi in ginocchio, la voce salì su di me

- Dobbiamo fare in fretta Afghan, andiamo! -

ed iniziai a camminare come al mio solito. Sentivo la voce saltellare su di me, come se volesse che camminassi più veloce.

- Coraggio Afghan, dobbiamo fare in fretta, coraggio! -.

Sentivo il rumore del suo cuore battere contro il petto, come le zampe dei canguri sulla terra. Il suo cuore batteva, ed iniziò a battere col mio. Batteva sempre più forte, batteva sempre più veloce e con lui le mie zampe. Battevano e si muovevano forte, veloci come non avevo mai fatto. Sentivo la terra diventare sempre più leggera sotto i miei zoccoli e il vento sbattere forte contro il mio muso, ma non era il vento a muoversi, ero io a farlo. 

- Così Afghan! - 

Stavo correndo.

Mentre correvo sentivo la voce diventare sempre più felice, sentivo quel suo ottimismo tornare mentre piegato su di me mi diceva - Li raggiungiamo Afghan, li raggiungiamo! -

Arrivammo in tempo, non capii mai di preciso per cosa. Di certo avevamo fatto qualcosa di straordinario perché ci diedero un sacchetto pieno di sassi che facevano un suono allegro, col quale la voce comprò un sacco di mele. Non solo, ogni volta che qualcuno doveva consegnare una lettera chiedeva di me.

- Quel cammello cieco corre come un emù! - un altro animale con un pessimo carattere.

Una notte eravamo molto stanchi io e la voce. Erano passati tanti anni da quella prima lettera e tante, tantissime altre lettere erano state consegnate. Quella notte eravamo andati molto lontano, fino al grande sasso rosso, così lo chiamava la voce, mentre da altri l'ho sentito chiamare Uluru. Il sole saliva dietro il sasso, accarezzava i miei zoccoli stanchi e usurati dal tempo. Accarezzava il volto della voce e le sue dita accarezzavano il mio muso. - Non è l'oro Afghan, è l'Australia che stavamo cercando - e il vento lo portò via, leggero come la sabbia rossa e sereno come i billabong nei quali mi piaceva tanto bere insieme a lui.

Non tornai più in città, incontrai tanti altri cammelli in Australia. Eravamo ormai liberi, gli esseri umani non avevano più bisogno di noi. Era arrivato il treno, e indovina? Hanno chiamato un treno col mio nome.

Ma questa è un'altra storia...


Paolo Aloe
The Wild Crocodile